IL SENSO DELLA MISURA

Controllo, confusione e l’illusione della sicurezza

Ogni volta che si parla di regolamenti tecnici UCI, il racconto è sempre lo stesso: è per la sicurezza degli atleti.
È una frase che ormai funziona come una formula magica — o come una scusa perfetta.
E così, ancora una volta, dal 1° gennaio 2026 entreranno in vigore nuovi limiti e nuove misure.

A prima vista, sembrano dettagli marginali:
larghezza minima a fine drop nastro compreso 400 millimetri
il flare massimo dei manubri passa a 65 mm per lato,
la distanza minima tra le estremità delle leve dovrà essere di 280 mm,
e la sezione massima consentita resta 80 mm, con i soliti triangoli di compensazione da 40 mm.

Niente di nuovo, apparentemente.
Solo un altro aggiornamento nel nome della “sicurezza”.
Ma se si guarda oltre i numeri, il messaggio che emerge è molto più complesso — e molto meno tecnico.


La logica che si piega su sé stessa

Nel 2027 le regole si faranno ancora più “creative”.
In pista, sarà ancora possibile avere 80 mm di flare laterale, ma la sezione orizzontale non potrà superare i 65 mm.
Il risultato?
Un manubrio considerato perfettamente “sicuro” su strada nel 2026, diventerà “pericoloso” in pista l’anno successivo.

Il concetto di sicurezza, insomma, sembra sempre più elastico.
O forse semplicemente arbitrario.
Una costruzione retorica usata per legittimare limiti che non hanno nulla a che fare con la protezione degli atleti.


Il nuovo regolamento su forcelle e foderi: uguaglianza a scadenza

Dal 7 settembre 2027 entrerà in vigore anche una nuova regola:

“The distance between the two legs of the front fork shall not exceed 115 mm,
the distance between the two sides of the rear triangle shall not exceed 145 mm.”

Significa che tutte le biciclette con forcelle o foderi “ultrawide” — come Hope, Look P24 e molti loro cloni — diventeranno improvvisamente illegali.
Ma non subito.
Potranno essere utilizzate fino al Mondiale precedente ai Giochi Olimpici di Los Angeles 2028.

Tradotto: nel momento cruciale della preparazione olimpica, gli atleti dovranno cambiare bici, geometrie e assetti a un anno dai Giochi.


E nessuno sarà obbligato a mostrare in anticipo i nuovi modelli “compliant”.
Chi potrà sviluppare in segreto una soluzione più performante, lo farà — e la tirerà fuori solo ai Giochi, acuendo ancora di più le differenze competitive.

Il tutto, naturalmente, “nel nome dell’uguaglianza”.
Un ossimoro che racconta più di qualunque analisi tecnica.


Caschi aero: pericolosi… ma non ancora

Dal 1° gennaio 2027, i caschi aero saranno vietati anche nelle gare su pista come omnium, corsa a punti e perfino velocità.
Niente più profili integrati, neppure con visiere o occhiali.

Perché? Per sicurezza, naturalmente.
Ma solo dal 2027.
Fino ad allora, si potrà continuare a correre — e magari cadere — con gli stessi strumenti che diventeranno “pericolosi” l’anno dopo.
Un’altra incoerenza che rivela quanto il concetto di sicurezza sia usato come argomento politico più che tecnico.


La sicurezza è scomparsa

Nel nuovo documento UCI non si trova più alcun riferimento alla commissione SAFER.
Tutte le decisioni arrivano ora dalla Equipment and New Technologies Commission,
che spiega chiaramente gli obiettivi delle nuove misure:

“The objective of setting these limits is to contain speeds by ensuring a certain air drag from the width of the handlebars.”

Non proteggere gli atleti, ma rallentarli.

È scritto nero su bianco: l’obiettivo è aumentare la resistenza aerodinamica per ridurre la velocità.
Secondo i calcoli UCI, allargando i manubri di 5 cm la velocità a 70 km/h si ridurrebbe dell’1%.
Cioè 0,7 km/h.
Sembra ironico, ma non lo è.
Perché il rischio reale — quello delle discese a 110 km/h, delle cadute in gruppo, delle gare di massa — resta esattamente dove era.
Solo che non entra nei fogli Excel.


La performance non si misura: si progetta

Questo è il vero paradosso.
Si parla di sicurezza, ma si scrivono regole che confondono la parità con il rallentamento.
Si invoca l’uguaglianza, ma si moltiplicano le disuguaglianze reali.
Si proclama l’innovazione, ma si chiude ogni spazio alla sperimentazione.

Eppure, la performance non nasce da un numero o da un limite.
Si progetta.

È quello che facciamo da anni: riportare il ciclista al centro del processo, far sì che la tecnologia sia uno strumento, non una gabbia.
Non è il componente a renderti veloce, è la progettazione.
L’atleta non è la misura da far rientrare in un regolamento, ma il punto di partenza per scrivere una nuova logica.



FASTER – La risposta

Da questa confusione nasce FASTER: un programma che mette in relazione fisica, aerodinamica e biodinamica per dimostrare che
la velocità non si limita: si progetta.

FASTER è la nostra risposta a un sistema che tenta di contenere l’innovazione invece di capirla.
È un atto politico e progettuale insieme.
Perché non serve cambiare le regole per cambiare il ciclismo.
Serve cambiare la logica con cui si costruisce la performance.



Leggi il report tecnico di TOOT Engineering sui manubri QUI